Odessa Star/Odessa Disaster
Postato in Uncategorized il February 26, 2014 da Anna Lisa – 3 CommentsUna bella casa, un lavoro stabile, una moglie e un figlio adolescente coi quali convive senza troppi conflitti: nella vita di Fred parrebbe non mancare nulla di rilevante. Oppure sì.
I quarantasette anni appena compiuti lo preoccupano, la famiglia lo irrita senza sosta, la comoda routine perfettamente borghese lo annoia. E poi, tutt’a un tratto, ecco riapparire Max, col quale condivide brandelli di un legame che risale ai tempi della scuola. Ogni singolo dettaglio della sua esistenza – le belle donne, le auto di lusso, persino il coinvolgimento in certe attività non proprio trasparenti, che però hanno il merito di renderlo noto al grande pubblico – fa gola a Fred, che tenta in ogni modo di tenere il passo dell’amico, mentre tutto, al contrario, sembra continuamente sfuggirgli di mano, compreso il rispetto per la dignità altrui.
Un romanzo ironico e tagliente, ma capace anche di far riflettere, questo Odessa Star, si sarebbe tentati di pensare. O meglio: questo è ciò che Herman Koch ha certo desiderato per il suo libro. Se, nelle intenzioni, esso avrebbe dovuto scandagliare con brillante sarcasmo molteplici luoghi comuni (la crisi esistenziale e sessuale di mezza età degli uomini, l’iperattivismo degli anziani non rassegnati a un riposo forzato, la povertà di spirito che contraddistingue alcuni esponenti impegnati in grandi cause civili e ambientali…) e non pochi punti dolenti della società contemporanea (la difficile comunicazione fra genitori e figli, l’emarginazione dei più deboli, la falsità del sistema dei mass-media…), il testo in realtà non riesce a mantenere una propria globale coerenza.
Malgrado i primi capitoli possiedano una loro interessante fisionomia, la prosa man mano si indebolisce, imperniandosi talvolta su pretesti narrativi piuttosto vacui, sino a sfociare in una conclusione che sembra assemblata in fretta e furia. Sul piano concettuale-ideologico la situazione non appare migliore: soprattutto verso la chiusura si fatica a comprendere il senso genuino dell’opera, che finisce schiacciata da stereotipi e colpi di scena passepartout necessari a sbloccare una trama impigliata nella condanna sterile e poco credibile di una società ipocrita, perbenista e indifferente persino alla violenza più gratuita.